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Dream Runner - 113 - Titano

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Prologo

Il sognatore stava precipitando. Da un bel po'. E' incredibile quanto tempo ci voglia per arrivare a terra quando si cade da veramente in alto. Dicono che quando si è prossimi alla morte, in un attimo si veda passare di fronte agli occhi tutta la propria vita. Lui invece non aveva ancora visto nulla. Le cause potevano essere due. Primo, la sua vita era stata abbastanza breve. Non contando il tempo passato in ibernazione, circa un anno, settimana più settimana meno. Ci sarebbe stato poco da vedere. Secondo, stava precipitando già da più di dieci minuti, e di attimi ne aveva avuti a disposizione sin troppi. Per dirla tutta si stava annoiando! Non avrebbe mai creduto che potesse succedergli.

Controllò i comandi della tuta pressurizzata. Gli restava meno di un ora di ossigeno. La temperatura esterna era di -170°, faceva caldo. Pressione, un atmosfera tonda tonda. Anche quel dato collimava, dopotutto era ancora a parecchi chilometri dalla superficie. Controllò la radio, da cui ottenne un gracchio di statica. Certo, si trovava nello strato di foschia, niente comunicazioni fino a che non l'avesse superato! Cercò di localizzare i suoi compagni dando un occhiata in giro, ma la condensa sul visore limitava la  visuale. Attivò il comando della tuta che avrebbe dovuto sbrinare il casco, poi ripensandoci lo spense. Meglio conservare l'energia.

Finalmente oltrepassò lo strato di foschia giallastra, vedendo per la prima volta il panorama ad occhio nudo. Montagne scabre erano incise da profonde vallate. Fiumi di idrocarburi scorrevano pigramente nelle pianure. Verso est vide una vasta distesa di sabbia polimerica. Mentre cadeva attraversò più di una nuvola di metano. Rimase sorpreso quando uno sciame di metaniti alati l'affiancò nella discesa. Le creature non avrebbero saputo che farsene della sua chimica aliena, quindi si limitarono a giocare con lo strano oggetto che precipitava goffamente nel loro pascolo aereo. Salutò con la mano lo stormo, se così si poteva chiamare, dato che non erano affatto uccelli. Dopo alcuni attimi ebbe superato lo strato di nuvole. I metaniti, attratti da una nube carica di prelibati idrocarburi aromatici, deviò allontanandosi.

Il sensore di altitudine dell'elmo cominciò a ronzare. Era entrato nella fase critica, fra cinque minuti si sarebbe schiantato al suolo. Fu allora che finalmente la vita gli passò rapida di fronte agli occhi, in special modo la notte in cui si era messo in quel guaio...

TITANO, parte I

Capitolo 1, Toccando il fondo

Il buio scendeva presto nei vicoli della Metropoli. Il sole faticava ad arrivare in quelle vie scure persino di giorno, grazie all'ombra oppressiva degli altissimi edifici circostanti. Eppure, notte o giorno che fosse, in quelle strade c'era sempre attività. Dopo l'ennesima crisi economica il costo di un appartamento in un Foranubi si era fatto altissimo. Molti non si potevano neppure permettere un monolocale. Abitare nei sobborghi sotterranei voleva dire rischiare la contaminazione radioattiva o chimica, quindi molti senza tetto preferivano costruirsi capanne con fogli di sintolegno scartati dalle ditte edilizie. Col tempo quei tuguri traballanti erano diventate dimore permanenti, grazie all'ingegno dei residenti, dotate anche di elettricità ed acqua. Merito di agganci illegali alla rete di distribuzione, ovviamente. Gli abitanti le chiamavano 'le Tane'. Illuminate notte e giorno dalle insegne pubblicitarie olografiche costruite sulle pareti dei Foranubi, quelle case erano l'unico rifugio per migliaia di persone.

La Metrocorp, azienda preposta all'amministrazione della Metropoli, aveva valutato il costo dell'eliminazione definitiva di quei 'Parassiti', come li chiamavano in ditta. Si era giunti alla conclusione che sarebbe stato più economico lasciare libero gioco alle bande locali, per tenere la popolazione sotto controllo. Ve ne erano molte. I figli dei lavoratori licenziati in massa dalle fabbriche, oramai completamente automatizzate, senza prospettive e senza educazione, si riunivano in gruppi tribali per ottenere di che vivere con furti e saccheggio. Uno dei dirigenti Metrocorp ebbe un idea per trarre profitto dalla situazione. Avrebbero venduto a chi se lo poteva permettere dei transponder subcutanei. Chi ne era sprovvisto sarebbe stato un 'cittadino gratuito', non protetto dalla legge. Se avesse nuociuto in qualunque modo ad un 'cittadino premium' dotato di transponder, questi avrebbe potuto denunciarlo o disporne a piacimento.  Una soluzione perfetta con cui la ditta guadagnava in ogni caso.

Nelle Tane dunque le bande la facevano da padroni. Ogni tanto però una pattuglia di Metroguard, la polizia privata aziendale,  controllava i vicoli per assicurarsi che nessun crimine contro un premium restasse impunito. Più che altro per evitare pubblicità negativa. Si trattava di un lavoro che le Guardie odiavano con tutto il cuore. Anche circolando al sicuro dentro un Levitante corazzato, qualche volta una pattuglia non ritornava dal suo giro.

Capitava spesso che una delle insegne pubblicitarie si guastasse, inondando i vicoli di colori e suoni casuali. Ci volevano mesi prima che venissero riparate. Così, quando il sognatore apparve tra due catapecchie, nessuno ci fece caso. Un lampo di luce rossa e blu, un crepitio di elettricità e degli odori strani. Nulla di che per lo standard delle Tane.

Anche questa volta si risvegliò disteso su un pavimento. Di cemento, duro e sporco. Si alzò lentamente, osservando prima di tutto se stesso. La prima cosa di cui si rese conto fu che era tornato nuovamente uomo. Certo, i mesi passati nella terra di Neve avevano avuto il loro effetto. Rispetto al suo arrivo sull'ARC, ora era muscoloso e in forma. Merito del duro lavoro nelle risaie e dell'allenamento di Elmo. Ripensare al guerriero fece tornare in mente al sognatore tutto quello che era successo. Il ricordo lo colpì come una coltellata al ventre.

Si ricordava chiaramente di essere stato donna! Come era possibile una cosa del genere? Sentiva anche di aver veramente… amato Elmo! Ripensandoci, provava ancora un profondo affetto per quell'uomo. Stava male ripensando alla sua morte. Molto male. Eppure l'angoscia di poco prima, quando era donna e stava precipitando nell'anomalia, era cambiata. Come se soffrisse per la perdita di una caro amico, piuttosto che di un amante. Non che fosse meno terribile. Il dolore per aver dovuto abbandonare i ragazzi invece era rimasto esattamente uguale.

Si rese conto che stava razionalizzando, valutando la qualità e la quantità della sofferenza che provava. Era ridicolo. Così come era stato ridicolo lasciarsi andare dall'abbraccio di Neve... "Che idiota, volevo fare l'eroe. Forse poteva riuscire a portarmi con se... o magari saremmo arrivati assieme qui..." pensò. Il ricordo di Neve era esploso nella sua mente assieme ad un nuovo sentimento. L'amicizia che provava come donna, ora che era nuovamente uomo, era divenuta... amore? Forse, se li avesse incontrati com'era ora, i rapporti con Elmo e Neve sarebbero stati invertiti? Si sentì un verme. In questo modo disonorava i sentimenti che aveva provato. "Che genere di persona sono, anche solo ad immaginarlo!" pensò disgustato dalle sue farneticazioni.

Appoggiandosi ad un muro di cemento pensò alla sua situazione. Indossava ancora la tunica di cotone rinforzata, da usarsi sotto l'armatura che Elmo gli aveva regalato. Era stata fatta per una donna, quindi gli andava stretta. Non aveva scarpe. Decise di sentirsi da schifo. Positivamente da schifo. Poi si mise a piovere. Una pioggia tiepida e sporca. "Mi sbagliavo..." pensò cercando, senza trovarlo, il cielo con lo sguardo. "Ora, sto da schifo." Rimase appoggiato al muro per un bel po', sprofondando nell'autocommiserazione.



La banda aveva un nome. Si facevano chiamare 'Gorgoni'. Il loro capo non sapeva cosa significasse. Aveva sentito il nonno pronunciare quella parola quando era piccolo. Pensava fosse 'fiQa', come si diceva in quei tempi, quindi l'aveva imposta ai suoi uomini. Erano solo in cinque a dire la verità. Piuttosto pochi. Di recente erano stati 'ownati', cioè sconfitti, da una altra banda, i 'Gargoyle'. Molti dei loro membri erano stati pestati a sangue o se l'erano data a gambe. Ma lui, il loro Capo, non aveva corso rischi. Dopotutto possedeva un transponder, dono del nonno previdente. Ma ora dovevano rifarsi al più presto, per non perdere il rispetto degli abitanti delle Tane.

Il loro obiettivo, tanto per iniziare da qualcosa di facile, era la bottega di un calzolaio. Ci vivevano solo il vecchio artigiano e la nipote. Nessuno poteva permettersi di acquistare più di un paio di calzature all'anno, quindi la bottega doveva per forza guadagnare bene, con tutte le riparazioni richieste dai clienti. O almeno così pensavano. I cinque malviventi, uomini di circa venti, venticinque anni, indossavano vistosi indumenti di sintopelle. Piercing e gioielli pacchiani, rigorosamente bigiotteria, accoppiati a chiome tagliate e colorate chiassosamente, completavano l'immagine del gruppo.

Camminando boriosi nei vicoli si erano diretti verso la bottega. Giunti di fronte all'ingresso il Capo aveva fatto cenno ad uno dei suoi, detto 'Kilometro', di annunciare il loro arrivo agli abitanti. "Ehi vecchia scoreggia! E' arrivata l'ora di sganciare! Apri o butto giù la porta! Sono arrivati i Gorgoni!" disse sbraitando. "Le Gorgoni, cretino!" lo corresse il Capo, dandogli un calcio. "Ma noi siamo uomini!" rispose quello. I suoi compagni si misero a ridere. Lo facevano spesso quando tentava di ragionare.

Dalla bottega nessuno rispose. Infuriato per la figuraccia, Kilometro sfondò la sottile porta con un calcio. Dall'interno della baracca arrivò un urlo femminile di paura. Ridendo, l'uomo entrò nella stanza, seguito poco dopo dai compagni. "Guarda cosa abbiamo qui! Ha ha ha! La figlia dello scarpaio è una vera fiQa! Vieni da paparino, dolcezza!" disse sghignazzando. La ragazza, che si era  nascosta dietro al tavolo di lavoro del nonno, prese una sedia e la usò per proteggersi dalle mani del malvivente.

Il vecchio artigiano si fece avanti coraggiosamente. "Che volete da noi? Ho già pagato per la protezione, alla banda dei Gargoyle! Andatevene o dirò loro quello che avete fatto!" disse con voce resa tremula dall'età. I membri della banda guardarono il Capo. "Ehi, se dice il vero non possiamo toccarli, fallo!" disse uno. "C'hai ragione, scrofa mucca!" rispose l'altro. Il Capo li guardò infuriato. Per colpa dei maledetti Gargoyle presto la loro banda non avrebbe avuto più un territorio.

Nel frattempo Kilometro strappò la sedia dalle mani della ragazza, sbattendola violentemente addosso al vecchio. Questi cadde contro la parete della bottega, già rovinata dagli anni, che spaccò facendolo finire nel vicolo, nello spazio buio adiacente alla Tana successiva. Ridendo esaltato, il brutale giovane cercò di strappare i vestiti alla vittima terrorizzata. "Noooo! Noooo! Ti prego! Nonno, nonno! Che gli avete fatto, maledetti!" gridò la ragazza, senza commuovere il criminale. Il povero artigiano, nel frattempo, cercava di rialzarsi gemente. "Fallo, Capo! Dobbiamo fermare Kilometro! O per noi saranno guai." esclamò preoccupato Bart, il suo vice. Bud e Syd, gli altri due membri della banda, li guardavano incerti sul da farsi. Avrebbero voluto unirsi al compagno che si divertiva con la ragazza, ma il loro Capo non sembrava affatto contento. "Prendete tutto quello che trovate di valore, idioti! Lasciate stare Kilometro, quando mette le mani su una femmina nessuno riesce a distrarlo. Intanto penserò a qualcosa." disse ai suoi uomini. Questi si misero subito d'impegno a saccheggiare la bottega.

Nel vicolo intanto, il povero vecchietto stava cercando di alzarsi, senza riuscirci. Si guardò attorno disperato, mentre le grida della nipotina lo riempivano di angoscia. Cercava una arma con cui salvare la ragazza, vide invece di fronte a se uno strano uomo. Indossava una vestaglia sporca ed era a piedi nudi. La pioggia sgocciolava sul corpo atletico e abbronzato. Aveva i capelli castani abbastanza lunghi, inzaccherati di fango. Sedeva appoggiato alla parete di cemento del Foranubi, con il volto tra le mani. "La prego... mi aiuti... mia nipote! La stanno violentando!" supplicò il vecchio. Lo strano uomo rispose senza sollevare il volto. "E' tutto inutile. Ogni mia azione è inutile. Non posso fare nulla, mi spiace." disse con voce atona.

Il vecchio non sperava di ricevere aiuto. In quella sporca città tutti si facevano gli affari loro. Gli altruisti campavano poco. Riuscì ad alzarsi a fatica. "Ho capito... non importa." disse stringendo i denti a causa del dolore. Doveva avere delle costole rotte. Si trascinò verso la sua casa, afferrando un pezzo di sintolegno da usare come clava. "Lasciate la mia bambina!" disse agitando l'arma  improvvisata. Il Capobanda vide il vecchio avanzare ed ebbe un idea. Ghignando malefico si pose di fronte al malcapitato. "Perché, se non ce ne andiamo tu che fai, idiota?" disse ridendo in faccia al poveretto.

L'anziano signore, con mano tremante attaccò il malvivente con la sua clava. "Siete dei mostri!" disse mentre colpiva maldestro. L'attacco improbabile andò a segno. "Ahi! Mi hai fatto male. E sai cosa? Ci speravo... Lo vedi questo?" disse il Capo alzando il braccio e facendo vedere all'artigiano un tatuaggio a bande sul suo polso. "E' un transponder! Tu non ne hai uno e quindi... visto che mi hai ferito... io ho il diritto di farti quello che voglio! Ammazzateli tutti e due, ragazzi!" disse ridendo rauco. Syd tirò fuori il coltello elvetico dalla tasca, facendone uscire la lama dal manico con un sinistro scatto. Si avvicinò al vecchio, che era rimasto stordito comprendendo l'enorme errore che aveva fatto. "Santo Giuda... non potete farlo!" disse con voce terrorizzata, mentre la nipote cominciava a piangere. Indietreggiò nel vicolo, incespicando su un pezzo di muro della sua stessa casa. Cadde a terra, perdendo la clava. "He he he... ti taglio la gola e ti tiro fuori la lingua dal buco... vedrai che bella cravatta che ti faccio!" ridacchiò lugubre il malvivente, leccando la lama del coltello.

Lama che improvvisamente gli si piantò nella lingua, proseguendo la sua corsa fino a penetrare nel palato inferiore. Gridò orrendamente, mentre sputava sangue. L'uomo seduto nel vicolo, della cui presenza era all'oscuro, si era alzato e aveva afferrato la sua mano, costringendolo con quella mossa inaspettata a trafiggersi la bocca. "Che cazzate che dici... meglio se stai zitto." disse con voce rauca il sognatore, dando un violento colpo di palmo sul calcio del coltello. La lama trafisse la gola del malcapitato Syd, piantandosi in profondità. Il ferito cadde a terra gorgogliando, mentre soffocava a causa del suo stesso sangue. Osservando incredulo la scena, il Capobanda non poté fare a meno di arretrare spaventato. Gli occhi di quell'uomo sembravano emanare un fioco bagliore blu. "E... e tu, chi fallo sei?! Ammazzatelo ragazzi, ha fatto fuori Syd!" gridò scuotendosi dalla sorpresa e indicando la strana figura nel vicolo.

Capitolo 2, Giustizia privata

Bart e Bud si precipitarono addosso allo strano uomo in vestaglia. Questi, invece di scappare, li attese a piè fermo. Il primo ad attaccare fu Bud, mentre l'altro si tenne indietro prudentemente estraendo un coltello. Il primo criminale cercò di colpire il suo avversario con un diretto destro al mento. Il sognatore si mosse appena, schivando l'attacco. Invece di arretrare, avanzò portandosi alla destra dell'attaccante. Mosse il braccio destro sotto quello di Bud, fino a portare il palmo della mano sulla faccia del criminale. Contemporaneamente mise la gamba destra dietro quelle del suo avversario. Spinse con forza, facendo perdere l'equilibrio al malvivente. Questi cadde all'indietro, facendo perno con l'anca sulla gamba del sognatore. Ruotando in quel modo la sua testa colpì il pavimento di cemento con un rumore orribile, simile ad una noce di cocco frantumata da un martello. Bud era fuori gioco.

Incredulo, Bart avanzò più accorto. Quel tizio ci sapeva fare con le mani! Aveva steso due compagni in pochi secondi. Doveva essere un killer, o qualcosa del genere. Ma lui non sarebbe stato una preda facile. Mosse la sua arma in lenti cerchi di fronte a se, sperando di disorientare l'avversario. Fece due finte, poi provò a lacerare il petto del nemico con un tondo fulmineo. Questi si mosse rapido come un serpente. Evitando di stretta misura la lama, afferrò la mano che impugnava il coltello con una presa d'acciaio. Gli torse il polso con forza, mentre avanzava, colpendo leggermente con l'altra mano un punto dietro il gomito. Bart avrebbe voluto divincolarsi, ma il braccio sembrava aver perso le forze. Un secondo colpo sul gomito, questa volta portato con tutte le forze, gli spaccò di netto l'articolazione. Gridando di dolore cercò di scappare, ma il terribile avversario non lo lasciò andare. Lo tirò per il braccio fino a quando furono faccia a faccia. Gli occhi di quell'uomo erano due pozze di un blu scurissimo, quasi nero. Senza iride o pupilla! Bart capì che stava per morire. L'attimo successivo sentì la fredda lama del suo pugnale penetrargli nell'addome. L'uomo gli aveva torto il braccio fino a colpirlo con la sua stessa arma! Crollò a terra agonizzante.

Il Capobanda non era rimasto a guardare quello scempio. Arrivando alle spalle di Kilometro lo strappò violentemente via dalla ragazza che stava violentando. "Idiota, non è il momento! Ammazza quel bastardo! Ha fatto fuori gli altri!" gridò disperato. Il bestiale malvivente si alzò confuso. Non amava essere interrotto quando era con una donna. Poi finalmente la realtà si fece strada nel suo cervello. Sgranando gli occhi capì che i suoi amici erano morti o morenti. E il colpevole era di fronte a lui. Afferrò il tavolo e con un urlo belluino lo spaccò in due sul ginocchio. Preso un grosso pezzo di legno appuntito si lanciò alla carica contro l'avversario. Questi non si scompose. Lanciò con destrezza il pugnale di Bart, che aveva ancora in mano, trafiggendo Kilometro nell'occhio destro. Questi cadde a terra morto sul colpo.

La scena era stata talmente rapida che tutti i presenti, il vecchio, la ragazza e il Capobanda, erano rimasti a bocca aperta. I movimenti dello sconosciuto avevano del soprannaturale. Rimasto solo, tutto il coraggio del Capobanda era sparito. Estrasse la sua arma, un micidiale esplosore automatico a nove colpi. L'aveva rubato al padre anni prima. Un ottima arma, se si riusciva ad ottenere i caricatori. Sparava piccoli dardi di materiale sintetico grazie ad un esplosivo gelatinoso contenuto nel caricatore. Aveva ancora tre colpi, sarebbero dovuti bastare. Lo puntò verso l'uomo. "Non muoverti, o ti faccio saltare la testa! Fermo ho detto!" gridò quando si accorse che l'avversario si avvicinava nonostante la minaccia.

"Spara pure, non mi importa." disse sottovoce l'uomo. Il Capobanda, incredulo e terrorizzato, esplose un dardo verso la testa del sognatore. Questi però, un attimo prima che il grilletto venisse premuto a fondo, aveva già 'visto' la traiettoria del colpo, spostando il capo di pochi centimetri. Il proiettile lo mancò d'un soffio. 'Vide' che il suo avversario avrebbe sparato ancora e si spostò di conseguenza. Anche il secondo colpo lo mancò di stretta misura. Il criminale non poteva credere ai suoi occhi. Non capiva che dal momento in cui decideva di attaccare, all'istante in cui fisicamente il colpo raggiungeva il punto mirato, passavano alcuni preziosi decimi di secondo. Il sognatore, grazie alla 'vista' sapeva già esattamente dove l'attacco sarebbe arrivato. Aveva tempo a sufficienza per evitarlo, o al peggio per ridurne gli effetti. Inoltre la 'vista', con la sua cupa luce blu, gli mostrava anche come uccidere l'avversario. Non si limitava ad evitare i colpi, si spostava per preparare l'inevitabile contrattacco. Al momento giusto, quando le probabilità di successo erano massime, colpì con un rapido calcio la canna dell'arma in modo da impedire al dito del malvivente di spingere il pulsante di fuoco. L'esplosore roteò in aria per un attimo, poi lo afferrò al volo. Un istante dopo puntava già l'arma alla fronte del Capobanda.

"Oh fallo! Fallo, fallo, fallo!" disse questi, paralizzato dal terrore. Il sognatore stava per fare fuoco, quando una voce femminile lo scosse dalla trance in cui era caduto. "Vi prego signore! Vi prego! Basta morte, basta!" lo implorò piangendo. La luce blu scomparve dal suo sguardo. Si guardò attorno confuso, rendendosi conto dello scempio che aveva compiuto. "C-cosa... cosa ho fatto?" disse con voce rotta. E dire che si era ripromesso di non cedere al potere dell'Uomo Senza Volto. Il maledetto incappucciato che lo aveva ingannato. E invece, alla prima situazione di pericolo ci era cascato come un idiota. Abbassò la mano. "Vattene." disse sottovoce al Capobanda. Questi, senza porsi domande sulla sua incredibile fortuna, scappò via a gambe levate.

Puntando l'esplosore verso il cielo, il sognatore sparò l'ultimo colpo, continuando a premere il pulsante di fuoco per essere certo che l'arma fosse scarica. Era uno strano oggetto, simile ad una pistola, ma non identico. Avendo la curiosità la peggio contro il disgusto, gettò via l'arma in mezzo ai rifiuti in fondo al vicolo. Poi si chinò sul vecchio, mentre la ragazza piangente cercava di coprirsi con i vestiti strappati. "State bene signore?" chiese all'anziano artigiano. Questi lo guardò stupito, poi accettò la mano che lo sconosciuto gli offrì per aiutarlo a rialzarsi. "Grazie... Credo di avere delle costole rotte... signore. N-non so come ringraziarla." rispose il vecchio. "Ma ora dobbiamo scappare. Sparando avrete attirato la Metroguard! Ci arresteranno per aver minacciato un premium!" disse prendendo per mano la nipote, afferrando il sacco in cui i banditi avevano gettato tutti i suoi preziosi, e allontanandosi faticosamente tra i vicoli. "Presto, deve fuggire! Venga!" gridò mentre scappava.

Il sognatore era perplesso. I criminali erano quelli a terra. Perché le vittime avrebbero dovuto scappare dalla polizia? Comunque aveva ammazzato quattro persone. Sicuramente potevano arrestarlo per eccesso di legittima difesa. Ora era anche un assassino, meritava una punizione. Poi si ricordò le parole di Elmo, quando mesi prima gli aveva chiesto se era giusto combattere ed uccidere per difesa. "Mi chiedi una cosa a cui non so rispondere." aveva detto. "Certo, sarebbe bello se si potesse risolvere tutto parlando. Ma ci sono persone con cui le parole non servono. Che capiscono solo la violenza. Così ci dobbiamo difendere. E qualcuno perde la vita. E' giusto, è sbagliato? Non lo so. E non mi importa. Se sono un peccatore pagherò volentieri il prezzo delle mie scelte. Ma una volta presa una decisione, devi andare fino in fondo, con tutta la tua determinazione. Capito, mia cara Grazia?" A quelle parole era seguito un bacio e poi... Al ricordo la faccia del sognatore divenne rossa come un pomodoro. "Yeuch! Basta reminiscenze, ho deciso scappo!" si disse, cominciando a muoversi nella direzione in cui erano spariti il vecchio e la ragazza.

Proprio allora un fascio di luce attinica proveniente dall'alto lo inquadrò. Una voce amplificata artificialmente risuonò nel vicolo. "Fermo dove sei, gratuito! Se ti muovi sei morto!" Il sognatore si bloccò, imprecando mentre cercava di riattivare la 'vista'. La luce blu arrivò subito ai suoi occhi, mentre quella rossa non ne volle sapere di attivarsi. Lui però non voleva ricorrere ancora al potere dell'Uomo Senza Volto. Quindi, sospirando, alzò le braccia al cielo. "Va bene, mi arrendo!" disse ad alta voce.

Il Levitante della Metroguard scese silenziosamente nel vicolo. Una volta a terra un portello si aprì sul fianco dello strano veicolo. Ne uscirono tre uomini coperti da una corazza verde costruita in una qualche materia plastica. Indossavano una specie di Kilt sotto l'armatura ed erano tutto sommato abbastanza strani. Li osservò curioso, mentre lo circondavano puntandogli contro le loro strane armi. Fu sorpreso di vedere scendere dal mezzo il Capobanda fuggito pochi minuti prima. "Eccolo, è lui! Mi ha minacciato con un esplosore! E non è un premium, è solo un gratuito! Ammazzatelo, ammazzatelo!" gridava l'uomo. Il sognatore, adirato, rispose gridando a sua volta. "Ehi! Brutto bastardo! Tu e i tuoi compagni stavate violentando una ragazza e malmenando un vecchio! Ho visto tutto, agenti. Dovete..." si interruppe subito quando una delle guardie gli piantò il calcio dell'arma nello stomaco. Subito dopo anche gli altri due presero a pestarlo. Non potendo usare la 'vista' non riuscì a schivare quei colpi e venne presto sopraffatto. Cadde a terra svenuto.

"Ammazzatelo ora! Deve morire!" gridò il giovane criminale in faccia alle guardie. Quella più alta in grado aprì la visiera del casco. "Senti fesso, anche noi siamo premium. Per lavoro sono obbligato a proteggerti, ma non spappolarmi i testicoli con le tue stronzate o ti arresto per disturbo della quiete pubblica, chiaro?" disse con voce sibilante. La frase ebbe l'effetto voluto, perché il Capobanda abbassò la voce di parecchio decibel. "M-ma mi voleva ammazzare... dovete farlo fuori. Se non lo ammazzate quello verrà a cercarmi. N-non avete visto di cos'è capace!" rispose con voce tremula.

"A me non sembrava un granché. E' solo un idiota in vestaglia, troppo piccola e senza pantofole." disse dando un calcio alla figura distesa a terra. "Comunque non devi temere rappresaglie ragazzo." disse la guardia sorridendo sarcastico. "Ci sono nuovi ordini. I criminali come questo non si ammazzano più. E' uno spreco di munizioni. Hanno trovato un nuovo modo di utilizzarli, lo sapevi?" il Capobanda fece un cenno di diniego con la testa. La guardia rise, pensando alla faccia sorpresa che avrebbe fatto quel poveraccio al suo risveglio. "Ora li sparano in orbita!" disse ridendo insieme ai colleghi.

Capitolo 3, Deportato!

Una scossa elettrica lo fece uscire dall'incoscienza. Ogni punto del suo corpo doveva essere stato percosso violentemente, perché aveva dolori ovunque. Considerò l'opzione di rimanere disteso dove si trovava, un pavimento di metallo avrebbe giurato, ma una seconda scossa gli fece cambiare idea. "Ahi! Basta, ho capito, sono sveglio!" gridò mettendosi a fatica in ginocchio. Si rese conto solo in quel momento di essere nudo. La tunica che indossava era sparita. Gli avevano anche rasato i capelli quasi a zero! Passò una mano sullo scalpo, sorpreso. Guardandosi attorno vide di trovarsi in una cella interamente rivestita di metallo. Una delle pareti includeva una porta chiusa. Mentre si alzava dolorosamente in piedi, un immagine olografica si materializzò di fronte alla porta. Si trattava di un logo di qualche tipo. Due strani caratteri azzurri fluorescenti su uno scudo rosso. Anche senza conoscere quei simboli, capì che erano due lettere, M e C... miracoli della sua nuova vita. Ancora non capiva come riuscisse a farlo.

"Salve, cittadino. Siete pregato di rimanere fermo mentre il bio scanner esamina il vostro corpo. Grazie e buona giornata!" disse una incorporea voce femminile, in tono cortese. Una luce verde prese a spazzare il suo corpo. Cercò di evitare che gli finisse in faccia, e la voce riprese a parlare. "Siete pregato di rimanere fermo, cittadino, o verrete pacificato con una scossa elettrica. Grazie e buona giornata!" Meglio fare come chiedeva, pensò subito, fermandosi immediatamente. Dopo alcuni secondi la luce sparì. "La vostra matrice generativa non è presente nella banca dati Metrocorp, cittadino. Siete pregato di fornire le vostre generalità. Nome, Cognome, professione, provenienza e parentele. Grazie e buona giornata!" Il sognatore cominciava ad essere stufo di quella voce, ma non era certo nelle condizioni di protestare, almeno per ora. Provò a rispondere, sperando che qualcuno lo stesse a sentire.

"John Walker. Specialista di inserimento dati. Vengo da un sogno... credo? Avevo dei parenti, ma sono tutti morti anni fa. Inoltre... vorrei protestare per il comportamento delle guardie! Sono certamente colpevole di aver ammazzato quattro criminali, ma stavano violentando una..." venne interrotto dalla voce. "Cittadino gratuito John Walker, registrato. Siete stato trovato colpevole di minacce di morte al cittadino premium Lirpo Troggings. Il codice penale prevede la deportazione e i lavori forzati a vita. Grazie e buona giornata!" disse sollecita, aggiungendo poi. "State per essere posto in stato di ipersonno. Per la vostra sicurezza si consiglia di stendersi sul pavimento. Grazie e buona giornata!". Walker non poteva credere alle sue orecchie! "Ehi! E il processo? Non me lo fate? E poi... chi accidenti è Lirpo Troggings?" poi comprese finalmente la seconda frase. "Ipersonno??? Che cos...?" non riuscì a finire la domanda che del gas fuoriuscì dalle pareti. Si sentì improvvisamente molto assonnato. Gli girava la testa. Si appoggiò al muro per non cadere, mentre la voce ripeteva: "State per essere posto in stato di ipersonno. Per la vostra sicurezza si consiglia di stendersi sul pavimento. Grazie e buona giornata!" A quelle parole cadde a terra e si addormentò profondamente.



Un nuovo risveglio. Stavolta non era disteso su un pavimento, tanto per cambiare. In effetti non era disteso da nessuna parte! Fluttuava nell'aria! Un aria gelida e odorosa di disinfettante. Gli girava violentemente la testa, ma i dolori che provava fino a poco prima erano spariti. Aprendo gli occhi vide di essere in una specie di capsula. Aveva fili e cavi attaccati alle tempie, al petto e negli incavi dei gomiti. La sensazione di essersi risvegliato nel suo letto d'ospedale lo fece impazzire di paura! Gridando incoerentemente si strappò di dosso i cavi, mentre dava calci alla al contenitore che lo rinchiudeva. Sentì una voce proveniente dall'esterno "Ehi, qui c'è n'è uno bello arzillo!" La capsula si aprì scorrendo all'indietro e una luce artificiale azzurrina lo accecò per un attimo. Delle mani guantate finirono di togliergli di dosso la cavetteria medica, e gli spinsero in mano dei vestiti di colore rosso. Da come tutto fluttuava in aria, si rese conto che non c'era gravità. Era nello spazio! Rimase stupefatto per qualche istante.

Una nuova voce, proveniente da un altoparlante, lo scosse dalla sorpresa "Ben svegliati, stelline! Siete appena stati risvegliati dall'ipersonno, dopo 4 anni e tre mesi. Avrete capogiro, nausea e crampi muscolari. Usate le buste in dotazione per vomitare! Se sporcate verrete multati. Indossate le tute tattiche e afferrate la manopola rossa alla vostra destra. Avete cinque minuti a disposizione. Muoversi! Lo shuttle parte fra mezz'ora, non c'è tempo da perdere!" A parlare era un tizio che indossava una tuta bianca, con il simbolo MC sulla spalla destra. Walker notò che su quella sinistra c'erano invece le lettere XMC. Chissà cosa significava. Guardandosi attorno mentre si vestiva, impresa non facile a gravità zero, notò che si trovava in un corridoio pieno di capsule. Erano dappertutto, anche sul soffitto. In effetti, in condizioni di microgravità il soffitto non esisteva affatto. Solo a pensarlo gli venne da vomitare. Afferrò il sacchetto che gli avevano dato assieme ai vestiti e rigettò un po' di bile. Non mangiava da un pezzo. Stranamente non aveva fame. Forse lo avevano nutrito per endovena? Nonostante tutto riuscì a vestirsi in tempo, afferrando la maniglia rossa. Una sirena segnalò infine che tutti i presenti erano pronti. Oltre ad una ventina di inservienti in tuta bianca, nella sala c'erano circa un centinaio di persone, tutte dall'aria stranita. "Probabilmente anche io ho la stessa espressione idiota..." pensò sarcastico.

Il tizio in tuta bianca parlò nuovamente nel microfono. "La maniglia che state tenendo è collegata ad una rotaia scorrevole. Tenetela strettamente mentre si muove. Verrete automaticamente trasportati ai vostri posti nello shuttle. Ogni ritardo verrà punito con una multa e una nota di demerito sul mio curriculum. Io odio le note di demerito, quindi non fatemi infallare, chiaro?" poi, spento microfono aggiunse, "Vai Joe, porta i manzi nella stalla." Un suo collega, probabilmente Joe, premette un pulsante sul muro, attivando la rotaia. Il sognatore si sentì tirar via di mano la manopola rossa. Vi si attaccò con tutte le forze mentre lo trascinava nei recessi di quella struttura. "Devo essere in una astronave! Incredibile!" pensò meravigliato. Aveva sognato ad occhi aperti per anni sulla possibilità di diventare un astronauta. La sua precedente avventura sull'ARC-07 era stata sin troppo surreale per contare come precedente. Stavolta invece le sensazioni che provava erano decisamente concrete. Mai avrebbe immaginato che ci sarebbe arrivato da deportato!

Dopo qualche minuto passato in una specie di tunnel di servizio, sbucarono all'interno di un nuovo ambiente. Stavolta c'era un pavimento, che conteneva parecchie decine di sedili, ognuno dotato di una imbracatura di sicurezza. "Come le sedie delle montagne russe a ds..n..lnd..." pensò, fallendo nel tentativo di ricordare il nome del parco giochi dove era andato da bambino. Quando infine la maniglia terminò la sua corsa, si trovò sospeso sopra uno dei sedili. Il tizio in bianco li aveva seguiti. Prese un altro microfono. "Sedetevi nella vostra cuccetta anti accelerazione. Tenete le mani  sopra le cosce e restate fermi. Se fate i bravi a nessuno verrà schiacciata la testa dal sistema di sicurezza, quando si attiverà. Fate casino e diventerete delle polpette durante il rientro atmosferico, chiaro?" disse con voce atona. I membri dell'insolito gruppo si affrettarono ad eseguire l'ordine. Stranamente nessuno si era ribellato. Presumibilmente i presenti dovevano essere dei condannati come lui, eppure erano tutti calmi ed obbedienti. Si trovava seduto in mezzo a due sconosciuti, ognuno dei quali poteva essere un pericoloso criminale. Anzi, quello di destra lo sembrava proprio. Alto due metri, muscoloso e col cranio stranamente deforme, faceva una bruttissima impressione. Quello a sinistra invece sembrava lo stereotipo dello scienziato quattrocchi. Con sua sorpresa, lo 'scienziato' digrignava i denti, chiaramente furioso. "Maledetti bastardi... riuscirò a tornare a casa e allora vedrete... vedrete..." borbottava sottovoce l'ometto. L'energumeno invece era tranquillissimo. Si voltò verso di loro. "Buongiorno signori. Non so se ne siete al corrente, ma durante l'ipersonno ci è stato impiantato nel cervello un risonatore d'aggressività. Se pensate di nuocere a chicchessia, il dispositivo vi stimolerà i centri del dolore. Perciò vi suggerisco la massima calma." disse con voce tranquilla. Aveva un accento colto e raffinato. "Fatti i falli tuoi, sterco! Io non ho bisogno dei tuoi..." disse l'uomo alla sua sinistra, facendo cenno di volerlo colpire con la mano. Venne però interrotto da uno spasmo di dolore intenso. Dopo alcuni attimi di sofferenza si irrigidì e svenne. Uno degli inservienti, o meglio carcerieri, venne a metterlo nella posizione corretta. Diede un occhiataccia al sognatore e all'omone, che fece una comica faccia da cherubino.

"Oh, peccato. Certa gente non accetta consigli." disse sorridendogli l'uomo. "Eldon. Piacere di conoscerla." aggiunse cortese. Walker diede segno di volergli stringere la mano, ma l'uomo fece cenno di no con la testa. "Mani sulle cosce, il dispositivo di sicurezza, ricorda?" Il sognatore ritirò immediatamente il braccio, giusto in tempo. L'imbracatura metallica di sicurezza scese velocemente sul sedile. Se avesse tenuto la mano tesa sarebbe stata schiacciata. Nessuno urlò di dolore, segno che tutti avevano seguito i consigli dell'uomo in tuta bianca. "Grazie. Io mi chiamo Walker. John Walker. Piacere di conoscerla signor Eldon." disse allora. L'uomo rispose. "Solo Eldon, niente signore. Piacere di conoscerti, Walker. Posso darti del tu?" chiese. "Certamente!" Annuì il sognatore. Una sirena suonò tre volte. Poi la solita voce annunciò. "Stiamo lasciando la nave per dirigerci alla base Xanadu. Sentirete un po' di turbolenza durante l'ingresso atmosferico. Non fatevi prendere dal panico. Non ci sono rischi." l'uomo stava per spegnere il microfono, poi ci ripensò. "Un ultima cosa... benvenuti su Titano, stelline!"
Inizia la terza corsa! Torna John Walker, IL sognatore in un avventura di fantascienza hard. Per chi non lo sapesse, per Hard NON si intende pornografica! Bensì scientificamente accurata, per quanto è possibile. Almeno ci proverò :D

Buona lettura.

Indice:
Seconda Corsa, parte IX: griphusdemedici.deviantart.com…
Terza Corsa, Parte II: www.deviantart.com/maelstromkn…
Comments4
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m4rdoc's avatar
Yeah :D Bellissima l'idea dei chip sottocutanei e della suddivisione premium/gratuito, e che dire dell'ambientazione ... decisamente promettente e per ora ottimamente descritta :D